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Ancora esistente l’arco a sesto acuto. Era l’accesso importante da sud-ovest dalla strada per Atina, che passava in prossimità della chiesa rurale di s. Rocco.
Era inoltre il passaggio obbligato per il mercato, che si svolgeva fuori le mura sin da epoca antichissima nel giorno del sabato.
Prima della realizzazione dell’attuale acquedotto comunale che dotò le case di Alvito di acqua potabile, fontanili e sorgenti erano la riserva idrica principale a disposizione dei cittadini. Le fontane rappresentavano un importante luogo di aggregazione: le donne vi si recavano per attingere l’acqua che portavano a casa con le cannate di terracotta e, più recentemente, con le grandi conche di rame; i bambini, al seguito delle madri, giocavano nei pressi, mentre i giovani tentavano approcci amorosi. Nei lavatoi, invece, le lavandaie sciorinavano la biancheria appena lavata, chiacchierando con le comari, con le quali condividevano canti e pettegolezzi. Le radicali trasformazioni seguite al tempo antico hanno privato fontanili e lavatoi della loro importanza sociale; tuttavia nel territorio restano disseminate in ogni contrada tracce importanti di questi luoghi della memoria, cari al ricordo di tutti gli alvitani: Le Fontanelle, La Conca, La Sala, Fontana Majali, Fontana dei Monaci, Fontanelle dei Monti, Fontana Nuova, Fontana Pescopane, Fontana Rosa, Fontana Sotto San Nicola, Fontana Vitola, Fontana degli Zingari. I documenti dell’Archivio Storico cittadino conservano i progetti del Prof. Arch. Silvio Castrucci (1854-1919) relativi alla costruzione del lavatoio pubblico in Piazza Mercato Vecchio, di quello per i borghi Castello e Peschio in località “Campo del Lago” e di un adiacente abbeveratoio noto con il suggestivo nome “Fontana del Castello”.
Sorta nel secolo XVII, probabilmente coeva alla costruzione dell’adiacente monastero delle Teresiane, da cui con un passaggio coperto si accedeva direttamente alla chiesa stessa.
A pianta ottagonale con campanile incorporato, è in muratura di pietra a vista.
La facciata d’ingresso ha un portale incorniciato da paraste e da un timpano triangolare, e sugli angoli è delimitata da lesene che si concludono con un cornicione a mezza altezza.
La parte superiore ha una grossa finestra ovale, con cornice mistilinea, cornicione che rilega tutto il volume e timpano triangolare.
Esistente già nel 1632, è adiacente al palazzo Castrucci, e ad esso coeva (XV-XVI sec.). Ha un basamento in muratura di pietra listata che sembra antecedente al resto della costruzione. A pianta rettangolare, ha una cantoria sull’ingresso.
Sorta nel secolo XVIII come cappella della famiglia Mazzenga, non aveva abside. Nel 1928-29 fu trasformata in chiesa parrocchiale, prendendo il titolo della sconsacrata chiesa di s. Giovanni battista sotto la piazza, e venne costruita l’abside. La primitiva cupola è stata coperta da un soffitto di legno. La facciata è liscia, con fasce verticali e riquadri geometrici sottolineati da cornici e modanature.
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